Ogni volta che vedo un ciliegio
la mia mente ritorna a quel lontano
pomeriggio di tanti anni fa
Tutto ebbe inizio in una calda
domenica mattina di maggio. Come tutte le domeniche dopo la Santa Messa
mi fermavo con gli amici nel sagrato
per decidere dove passare qualche
ora in compagnia nel pomeriggio.
Uno di noi azzardò, perchè
non andiamo in quel campo
a rubare un po di ciliegie; io non accettai
la proposta perchè l'anno precedente
avevo avuto un'analoga
esperienza poco piacevole.
Io proposi, perchè non andiamo nel Montello
dove ho degli zii e possiamo mangiare ciliegie
finchè vogliamo senza doverle rubare.
L'unico problema era che bisognava
avere la bicicletta e attraversare il fiume Piave
che in quel periodo ha sempre poca acqua.
Di cinque che eravamo solo uno accetò.
Appena mangiato, senza dire nulla ai genitori,
altrimenti era un no secco,
di nascosto prendemmo la bicicletta
e iniziammo l'avventura.
Prima di arrivare al Piave
c'erano circa quattro chilometri
da fare in bicicletta
e altri tre a piedi. Lasciammo le biciclette
in una casa in riva al fiume e a piedi
ci inoltrammo nel letto del fiume
che in quel posto è largo circa in chilometro.
Acqua ce n'era poca, bella e limpida;
la parte più profonda arrivava al ginocchio
Abbiamo attraversato facilmente,
in mezz'ora arrivammo
dagli zii, sorpresi di vedermi da solo
ci hanno indicato l'albero
dove poter cogliere le ciliegie.
Dopo averne colte e mangiate a sazietà,
erano già le cinque, quando decidemmo
di tornare; salutammo e ringraziammo gli zii.
Tutto era andato secondo i nostri piani
finchè non arrivammo sulla riva
del Piave che si presentava così:
minaccioso, forse aveva piovuto in montagna, con il caldo si era sciolta la neve;
cosa fare non c'erano cellulari.
Ritornare sul Montello ma non c'erano macchine
che avrebbero potuto portarci a casa.
Decidemmo di attraversare:
mettemmo pantaloni e maglietta
legati sopra la testa, essendo l'acqua torbida
non potevamo sapere quanto era profonda.
Per primo entrò il mio amico Mario,
io subito dopo;
l'acqua saliva velocemente
e Mario venne travolto
dalla corrente impetuosa; a quel punto
mi lasciai andare per seguire lui
e ci lasciammo trasportare dalla corrente
nuotando verso la riva dove arrivammo
stremati seicento metri più a valle.
tutti inzuppati, ma felici della nostra avventura,
ritornammo a casa con i sandali distrutti,
i vestiti tutti bagnati.
Mia madre voleva sapere dove ero stato,
sentendo il mio racconto il volto le s' imbiancò,
prese il bastone e subito a letto senza cena.
Alla bicicletta venne messo il lucchetto,
così andò anche per Mario.
Io le sgridate le presi anche da sua madre,
perchè io avevo tredici anni
e lui ne aveva solo undici.
Ho iniziato a rendermi conto di cosa
avevo fatto solo quando ho
avuto anch'io dei figli;
ogni volta che sento parlare di ciliegie
mi vengono i brividi. Non per
l'acqua gelida di quel giorno,
ma pensando
a cosa poteva succedere
a causa della nostra bravata.
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vi ricordo la mia personale
di pittura nel blog la vostra
Arte di Carla Colombo
dal primo al quindici giugno
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